Approssimandosi la tornata elettorale dell’Associazione, i Colleghi perdoneranno se utilizzo gli spazi comuni per anticipare che questa volta non tornerò a candidarmi.
Dopo vent’anni di Direttivo, sono il consigliere più anziano ancora in carica, perché sono stato eletto subito dopo la morte di Giulio Schiller e ho traversato le doppie presidenze di Ivone Cacciavillani, di Franco Zambelli e di Stefano Bigolaro. Di tutte queste presidenze posso parlare solo in termini altamente elogiativi.
L’Associazione in questi vent’anni è cambiata, si è consolidata e ha assunto nuovi compiti.
Avere partecipato al Consiglio è stato un onore.
È stata anche un’esperienza molto stimolante che mi ha dato l’occasione di impegnarmi sotto vari profili: come collega, come giurista e, a tratti… anche come tecnico informatico.
In modo del tutto franco, vorrei chiarire che la decisione di non ricandidarmi non è legata né alla stanchezza per l’incarico, né a impegni sopravvenuti né a un avvertito bisogno di lasciare spazio agli altri. Con la stessa sincerità, aggiungo che nessuno mi ha fatto capire che è arrivato il momento di lasciare.
Io stesso, invece, mi sono persuaso di non essere, in questo momento, la persona adatta.
Tutti i Direttivi a cui ho partecipato sono stati caratterizzati dalla piena armonia. Sul punto vorrei che non ci fosse nessun equivoco e nessun fraintendimento.
Devo però riconoscere che mi ero ritagliato un ruolo piuttosto particolare, i cui contorni non devono essere illustrati, perché sono forse già noti.
Questo ruolo, con gli anni, ha messo pancia diventando, in un certo senso, ingombrante.
Mi sono, perciò, convinto che, a causa di queste mie qualità, sarebbe inadatto, in questo momento di rinnovo della vita associativa, se quel ruolo trovasse spazio anche nel Direttivo che verrà e che, stando a quel che mi è parso di cogliere, avrà tutte le premesse per continuare nel percorso fin qui battuto.
La vanagloria m’impedisce, tuttavia, di andarmene alla chetichella e, soprattutto, sento la premura di ringraziare i Colleghi che mi hanno più volte onorato della loro fiducia.
Ignoro se essa sia stata ripagata; in ogni caso sarebbe stucchevole sostenere che mi sono impegnato al massimo. Ho fatto quello che ho potuto, qualche volta con maggior spinta, altre volte con una certa indolenza. Ed è venuto fuori quello che è venuto fuori.
Un caro saluto a tutti e un augurio affinché ci si possa rivedere presto nei corridoi di Palazzo Grimani e di Palazzo Spada e nei momenti di riunione della nostra Associazione.
Francesco Volpe