In materia di notificazione di un ricorso giurisdizionale avanti i Giudici Amministrativi, a mezzo posta elettronica certificata, si registrano importanti arresti di cui è opportuno dare conto.
La presenza dell’indirizzo di posta elettronica certificata di una Pubblica Amministrazione nel solo registro IPA (tenuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri) e non anche nel registro PP.AA. (tenuto dal Ministero di Giustizia), alla luce del rigoroso indirizzo giurisprudenziale amministrativo formatosi verso la fine del 2017, poteva risultare un ostacolo insormontabile per la valida instaurazione di un giudizio amministrativo tramite la notifica pec.
Il quadro risulta arricchirsi di un nuovo orientamento, sulla decisiva spinta di alcune sentenze del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana di metà 2018 e soprattutto, più recentemente, delle sentenze rese dal Consiglio di Stato a fine 2018.
Risulta così consolidarsi il seguente principio, peraltro difficilmente non condivisibile: le Pubbliche Amministrazioni rimaste inerti nell’adempiere all’obbligo di legge di comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata al Ministero della Giustizia, non possono trarre giovamento dal proprio inadempimento per non vedersi notificato un ricorso a mezzo PEC e, tanto più, per vedersi accolte eccezioni in punto di rito, qualora convenute a mezzo di notifica al proprio indirizzo pec, presente presso il diverso registro IPA.
Il Supremo Consesso Amministrativo della Sicilia nel marzo del 2018 ha così censurato la decisione del T.A.R. Catania, che non aveva riconosciuto l’errore scusabile della notifica inviata al resistente Comune di Gela, all’indirizzo presente nel registro IPA, in assenza di altro presso il PP.AA: ” Da tale quadro normativo emerge che l’omissione, da parte della pubblica amministrazione, di un adempimento semplice quale è quello di comunicare un indirizzo PEC al Ministero della giustizia ai sensi dell’art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, sortisce un effetto di fatto “escludente” di quell’amministrazione dal processo, perché potrà ricevere le comunicazioni e notificazioni successive alla notifica del ricorso introduttivo solo mediante deposito nella segreteria del giudice (sicché potrebbe non venirne mai a conoscenza) e perché non è consentito comunicare con il sistema della giustizia amministrativa, per ragioni di sicurezza, se non tramite indirizzi PEC contenuti nei registri tenuti dal Ministero della giustizia…. Per l’effetto, la parte va rimessa in termini e dunque va ordinato il rinnovo della notificazione del ricorso di primo grado al Comune di Gela, nei modi ordinari, nel termine di 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza…..Inoltre la presente decisione va comunicata al Ministero della giustizia, Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, al Servizio per l’informatica della giustizia amministrativa, alla Procura regionale della Corte dei conti, al Prefetto della Provincia di Caltanissetta, ciascuno per quanto di propria competenza per por fine alla condotta dell’amministrazione appellata di inadempimento dell’obbligo di cui all’art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012.” (sentenza n. 217 pubblicata il 12.4.2018). Il C.G.A. ha stigmatizzato fortemente, pertanto, non solo la decisione del Giudice di prime cure, ma anche l’inerzia del Comune, trasmettendo gli atti alle Pubbliche Amministrazioni Statali distrettuali, per porre fine alla sua inadempienza.
Sempre il CGA, nel luglio 2018, ha emesso un’altra decisione di egual contenuto, annullando altra sentenza del T.A.R. Catania, che non aveva rimesso in termini il ricorrente per la notifica in modalità tradizionale di un ricorso contro il Comune di Melilli, che disponeva di indirizzo pec sul sito del Comune, nonché nel registro IPA, ma non in quello ministeriale (sentenza n. 423 pubblicata il 16.7.2018).
Il rigoroso indirizzo del T.A.R. Catania, nonché l’inerzia del Comune etneo in punto di trasmissione di indirizzo pec al Ministero della Giustizia, aveva peraltro occasionato la meritoria iniziativa dell’Unione Nazionale degli Avvocati Amministrativisti, dell’Associazione Camera Amministrativa Siciliana e di alcuni colleghi amministrativisti locali, avanti il T.A.R. medesimo, contro il Comune di Catania, per sentir dichiarare l’illegittimità del silenzio rifiuto opposto da quest’ultimo alla richiesta di porre fine all’inadempienza in questione. Il T.A.R. Catania ha recentemente pronunciato sentenza non definitiva, convertendo l’azione da ricorso ex art. 31 e 117 c.p.a., in azione “class action” ai sensi del D.lgs. n.198/2009 art.1 (sentenza n. 33 dell’11.1.2019).
Sempre nel medesimo periodo vanno segnalate le importanti pronunce del “vicino” T.A.R. Lombardia, in senso favorevole ai ricorrenti che avevano notificato il ricorso ad una P.A. ad un indirizzo pec di quest’ultima, non presente presso il registro tenuto dal Ministero della Giustizia. Il T.A.R Brescia, nel febbraio 2018, pur confermando l’indirizzo rigoroso di cui si è detto, ha considerato sanata dalla costituzione in giudizio della P.A. resistente la nullità della notifica presso l’indirizzo presente presso il sito internet della Provincia di Brescia: “ai fini della notifica telematica di un atto processuale a una Amministrazione Pubblica, non potrà utilizzarsi qualunque indirizzo PEC, ma solo quello inserito nell’apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia, al quale gli enti avrebbero dovuto comunicarlo entro il 30 novembre 2014; e che, in difetto di iscrizione dell’Amministrazione Pubblica al registro PP.AA. formato dal Ministero della Giustizia (e consultabile anche dagli avvocati, oltre che dagli uffici giudiziari), la notificazione degli atti processuali può essere validamente eseguita solo con le tradizionali modalità cartacee….Come condivisibilmente argomentato da T.A.R. Friuli Venezia Giulia (sentenza 5 febbraio 2018 n. 28), anche in presenza della nullità della notificazione (in quanto effettuata ad un indirizzo PEC non tratto dal REGINDE), laddove all’Amministrazione intimata non sia stato (per l’effetto) preclusa la tempestiva costituzione in giudizio per resistere al ricorso e lo svolgimento di compiute difese anche nel merito (come, appunto, nel caso in esame), allora viene a determinarsi un effetto sanante per raggiungimento dello scopo prodotto dalla costituzione in giudizio della parte intimata, operante “anche nel caso in cui la costituzione sia effettuata al solo fine di eccepire la nullità” (cfr. Cass., SS.UU., 20 luglio 2016 n. 14917; tra le altre, anche Cass., SS.UU., n. 5785 del 1994; Cass. nn. 10119 del 2006, 13667 del 2007, 6470 del 2011). Merita, quindi, condivisione l’orientamento manifestato da T.R.G.A. Trento, 15 febbraio 2016 n. 86 (e ribadito da T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 24 ottobre 2016, n. 1950), secondo cui, “sulla scorta dell’art. 44, comma 3, c.p.a. e del principio della strumentalità delle forme processuali, la costituzione delle parti intimate, effettuata nei termini di legge e argomentata in rito e nel merito al fine di chiedere la reiezione del ricorso, è idonea a sanare la nullità, per effetto del raggiungimento dello scopo, e a instaurare validamente il rapporto processuale”. Nell’osservare come, quanto alla sottoposta vicenda contenziosa, la nullità della notificazione (pur atteggiantesi in tale stregua, alla luce di quanto esposto sub 1.1) non abbia comunque in alcun modo pregiudicato l’esercizio del diritto di difesa dell’Amministrazione resistente, o, altrimenti, comportato altro detrimento per la decisione rimessa a questo Tribunale, deve – quindi – disattendersi l’eccezione come sopra proposta dalla Provincia di Brescia”. (sentenza n. 234 del 26.02.2018).
Successivamente, il T.A.R. capoluogo della stessa Regione si è spinto ancora più avanti, stabilendo, sulla scorta del precedente citato del C.G.A., che la notifica presso il registro IPA non poteva considerarsi nulla: “L’eccezione di inammissibilità del ricorso va respinta. La giurisprudenza (C.g.a. 12 aprile 2018, n. 216) ha chiarito che nel caso in cui l’Amministrazione non abbia inserito un indirizzo PEC nell’elenco tenuto dal Ministero della giustizia, deve essere riconosciuto l’errore scusabile ex art. 37 c.p.a. se la notifica del ricorso – proposto dopo l’entrata in vigore del processo amministrativo telematico (1 gennaio 2017) – è stata effettuata ad un’Amministrazione all’indirizzo PEC tratto dall’elenco pubblico IPA e non con le tradizionali modalità cartacee” (T.A.R. Milano, sentenza n. 1251 del 10.05.2018). Si evidenzia che, a differenza del C.G.A., il T.A.R. Milano non ha ritenuto di dover rimettere in termini il ricorrente, decidendo la vertenza direttamente nel merito.
Gli arresti summenzionati dei Tribunali Amministrativi e del C.G.A. sembrano aver trovato adesione presso il Consiglio di Stato.
Così lo scorso ottobre la Quinta Sezione: “La notifica a mezzo PEC deve avvenire agli indirizzi di cui al citato elenco e di conseguenza qualora non ricorra tale circostanza deve essere considerata nulla…Il principio, tuttavia, è mitigato nel caso in cui l’indirizzo idoneo sia assente nell’elenco ufficiale dell’indirizzo PEC di una pubblica amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. III, 5 febbraio 2018, n. 744)…Inoltre, nel contesto del processo amministrativo telematico può ritenersi scusabile l’errore di chi notifichi un atto della pubblica amministrazione ad un indirizzo PEC contenuto nell’elenco IPA, quantomeno se la stessa Amministrazione non abbia inserito alcuna PEC nell’elenco tenuto dal Ministero della Giustizia (cfr. T.a.r. per la Campania, Napoli, sez. VIII, ordinanza 15 marzo 2018, n. 1653 – CGA, sez. I, 12 aprile 2018, n. 216). Nel caso di specie, essendo intervenuta la notifica del ricorso ad una serie di Amministrazioni pubbliche agli indirizzi risultanti dagli elenchi IPA e di conseguenza potendosi ritenere comunque scusabile l’errore, può essere disattesa l’eccezione” (sentenza n. 5877 del 12.10.2018).
Ancora più decisamente lo scorso dicembre, quando la Quinta Sezione ha considerata come pienamente valida ed efficacia la notifica effettuata presso il registro IPA, considerandolo a tutti gli effetti un registro pubblico cui attingere per il fine di cui si discute: “Si deve, infatti, ribadire che il comma 1-bis dell’art. 16-ter del citato D.L. n. 179 (comma aggiunto dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, conv. in L. 11 agosto 2014, n. 114) ha reso applicabile alla giustizia amministrativa il comma 1 dello stesso art. 16-ter, ai sensi del quale (secondo l’attuale formulazione) ai fini della notificazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater e 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dall’articolo 16, comma 12, del presente decreto, dall’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia. D’altra parte, l’amministrazione, secondo i canoni di autoresponsabilità e legittimo affidamento cui deve ispirarsi il suo leale comportamento, non può trincerarsi – a fronte di un suo inadempimento – dietro il disposto normativo che prevede uno specifico elenco da cui trarre gli indirizzi PEC ai fini della notifica degli atti giudiziari, per trarne benefici in termini processuali, così impedendo di fatto alla controparte di effettuare la notifica nei suoi confronti con modalità telematiche. Pertanto, deve ritenersi che l’Indice PA sia un pubblico elenco in via generale e, come tale, utilizzabile ancora per le notificazioni alle P.A., soprattutto se, come nel caso in esame, l’amministrazione pubblica destinataria della notificazione telematica è rimasta inadempiente all’obbligo di comunicare altro e diverso indirizzo PEC da inserire nell’elenco pubblico tenuto dal Ministero della Giustizia.” (sentenza n. 7026 del 10.12.2018)
Tale posizione è stata ribadita anche dalla Terza Sezione :” La Sezione Quinta di questo Consiglio di Stato, con sentenza 12 dicembre 2018 n. 7026, pienamente condivisa dal Collegio, ha affermato che dopo l’entrata in vigore del processo amministrativo telematico, la notifica, a mezzo posta elettronica certificata del ricorso effettuata all’amministrazione all’indirizzo tratto dall’elenco presso l’Indice PA è pienamente valida ed efficace; l’Indice PA è, infatti, un pubblico elenco e in via generale è utilizzabile ancora per le notificazioni alle P.A., soprattutto se l’amministrazione pubblica destinataria della notificazione telematica è rimasta inadempiente all’obbligo di comunicare altro e diverso indirizzo PEC da inserire nell’elenco pubblico tenuto dal Ministero della Giustizia. L’Amministrazione, secondo i canoni di autoresponsabilità e legittimo affidamento cui deve ispirarsi il suo leale comportamento, non può trincerarsi – a fronte del suo inadempimento – dietro il disposto normativo che prevede uno specifico elenco da cui trarre gli indirizzi PEC ai fini della notifica degli atti giudiziari, per trarne benefici in termini processuali, così impedendo di fatto alla controparte di effettuare la notifica nei suoi confronti con modalità telematiche. Nel caso di specie, inoltre, nei provvedimenti impugnati era stato espressamente indicato che il ricorso avrebbe dovuto essere presentato all’INPS “esclusivamente attraverso il canale telematico…” sicchè ragionevolmente la società ricorrente – dovendo ricorrere necessariamente alla notifica telematica – ha utilizzato l’indirizzo estratto dal pubblico registro IPA non avendone l’INPS indicato uno nell’elenco Reginde, non potendo neppure procedere alla notifica ordinaria, come preteso dall’appellante. La doglianza va, quindi, respinta.” (sentenza n. 1379 del 27.02.2019).
A ciò si aggiunga che le recenti pronunce del Consiglio di Stato risultano esser state recepite dai Tribunali Amministrativi Regionali.
E così il T.A.R Venezia: “L’eccezione di inammissibilità per erroneità della notifica all’amministrazione resistente in quanto eseguita via pec all’indirizzo …, estratto dal registro IPA “Indice delle Pubbliche Amministrazioni” e non presente, invece, nell’apposito registro ministeriale (elenco tenuto dal Ministero della Giustizia ex art. 16, comma 12, del D.L. n. 179 del 2012), non è, ad avviso del Collegio, fondata secondo quanto recentemente affermato dal Consiglio di Stato, sez. V, nella sentenza n. 7026/2018. In tale recente pronuncia, infatti, il Consiglio di Stato, ha affermato che “la notificazione del ricorso di primo grado, comunque effettuata presso un domicilio telematico PEC contenuto in un elenco pubblico a tutti gli effetti, è da ritenersi evidentemente pienamente valida ed efficace” e che “deve ritenersi che l’Indice PA sia un pubblico elenco in via generale e, come tale, utilizzabile ancora per le notificazioni alle P.A., soprattutto se, come nel caso in esame, l’amministrazione pubblica destinataria della notificazione telematica è rimasta inadempiente all’obbligo di comunicare altro e diverso indirizzo PEC da inserire nell’elenco pubblico tenuto dal Ministero della Giustizia. Nel caso in esame, la notifica è stata comunque effettuata all’indirizzo pec della … presente nel registro IPA e indicato, inoltre, in calce al provvedimento come indirizzo di riferimento di posta elettronica certificata della …, per cui la notifica è da ritenersi validamente effettuata” (sez. Terza, sentenza n. 218 del 18.2.2019).
Ancor più recentemente, dello stesso avviso il T.A.R. Campania: “In via preliminare va evidenziato come la notifica del ricorso al Comune resistente debba intendersi ritualmente avvenuta in quanto effettuata via PEC all’indirizzo IPA del medesimo Comune, indirizzo peraltro non solo risultante da tale elenco ma anche dalla corrispondenza intercorsa con il legale di parte ricorrente, di cui al documento sub allegato n. 3.Al riguardo si riportano, nel senso dell’ammissibilità di detta notifica, le conclusioni, che il Collegio ritiene pienamente condivisibili, di cui alla recente sentenza n. 07026/2018 sez. V del Consiglio di Stato” (sentenza n. 1471 del 18.3.2019). Il medesimo Tribunale si era peraltro espresso nei medesimi termini, giusto un mese prima: “Il Collegio ritiene che – pur a voler tralasciare il recente arresto della V sez. del Consiglio di Stato (cfr. sentenza 12 dicembre 2018, n. 7026), che ha affermato la piena validità ed efficacia della notificazione del ricorso effettuata presso un domicilio telematico PEC di una PA contenuto in un elenco pubblico a tutti gli effetti (qual è l’Indice PA) – comunque, il denunciato vizio della notifica al più determina, alla stregua del criterio di residualità delle ipotesi di inesistenza della notifica (cfr. Cass. Civ. Sez. un, n. 14916/2016), la nullità e non l’inesistenza della stessa, con conseguente applicabilità del principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo di cui all’art. 156 c.p.c. (cfr. Cassazione civile sez. II, 1° ottobre 2018, n. 23738)…Peraltro, secondo pacifica giurisprudenza, anche di questo Tribunale, di cui va fatta applicazione al caso in esame, ove l’amministrazione pubblica sia rimasta inadempiente all’obbligo di comunicare l’indirizzo PEC da inserire nell’elenco pubblico tenuto dal Ministero della Giustizia, è comunque applicabile l’istituto della rimessione in termini mediante concessione dell’errore scusabile ex art. 37 c.p.a. onde consentire alla parte ricorrente di provvedere alla notifica cartacea (nella specie oltretutto già avvenuta in data 10 agosto 2018), dovendosi a tal fine valorizzare la circostanza che la notifica con modalità telematiche, nella specie, è stata impedita proprio dal comportamento negligente dell’amministrazione.” (sentenza n. 562 del 4.2.2019 ).
Tuttavia, a fronte di quanto sopra, si rileva che sembra comunque resistere anche l’orientamento più rigoroso, come dimostrato dalla sentenza del T.A.R. Calabria emanata nello stesso periodo: “ai fini della notifica telematica di un atto processuale ad una amministrazione pubblica, non può utilizzarsi qualunque indirizzo PEC, ma solo quello inserito nell’apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia, al quale gli enti avrebbero dovuto comunicarlo entro il 30 novembre 2014; il registro IPA, disciplinato dall’art. 16, comma 8, D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in L. n. 2/2009, non è, invece, più espressamente annoverato tra i pubblici elenchi dai quali estrarre gli indirizzi PEC da utilizzare per le notificazioni e comunicazioni, così come il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici, da cui parte ricorrente asserisce avere tratto l’indirizzo di notifica del titolo esecutivo. Pertanto il ricorso all’esame risulta essere stato invalidamente notificato ad indirizzo non presente nell’indicato elenco, così come il titolo esecutivo.. rileva, peraltro, il Collegio che, secondo la stessa giurisprudenza sopra citata, l’invalidità della notificazione del ricorso a indirizzo PEC diverso da quello inserito nel registro tenuto dal Ministero della Giustizia può, in linea di principio, essere sanata tramite rinnovazione, qualora non siano nelle more maturate decadenze e/o preclusioni.” (sentenza n. 102 del 11.02.2019). Si sottolinea che il Giudice Amministrativo reggino ha fatto però salva, in presenza dei presupposti citati, la possibilità di consentire la rinnovazione della notifica al ricorrente.
Riepilogando, sembrerebbe decisamente farsi strada un orientamento volto a porre fine all’era favorevole per le P.A. convenute avanti i T.A.R., segnatamente reprimente la possibilità di ottenere il rigetto preliminare dei ricorsi, sul semplice dato di fatto della notifica del ricorso presso l’indirizzo contenuto nel registro IPA.
Tuttavia, in presenza di persistenti adesioni all’orientamento rigoroso contrario e, soprattutto, in difetto di una novella legislativa che definitivamente reinserisca l’elenco IPA tra quelli da cui si può ricavare un indirizzo pec presso cui validamente eseguire una notificazione di atti giudiziari, ad avviso di chi scrive è da consigliarsi sempre la tenuta di una condotta processuale prudenziale. Va doverosamente poi ricordato che molte delle sentenze, da ultimo quella del T.A.R. Veneto, hanno accolto la possibilità della notifica presso l’indirizzo IPA, in assenza di indirizzo della P.A. nei registri ministeriali.
Pertanto, onde evitare il rischio di incorrere in pronunce di inammissibilità, qualora l’Amministrazione resistente disponga di differenti indirizzi pec presso entrambi i registri, per provvedere alla notifica a mezzo pec dovrà ricercarsi l’indirizzo presente nel registro tenuto dal Ministero della Giustizia (PP.AA.), tralasciando quello presente sul sito istituzionale o sul registro IPA; in tal caso, difatti, difetterebbe l’elemento dell’inadempimento della P.A. all’obbligo di comunicazione di legge, su cui ha principalmente mosso la giurisprudenza recente di cui sopra, anche al fine di sanzionare condotte negligenti da parte delle P.A.
Nel differente caso in cui la P.A. resistente disponesse di un unico indirizzo pec risultante sul solo registro IPA, il ricorrente che vorrà comunque procedere alla notifica telematica potrà contare sulle importanti pronunce favorevoli dianzi richiamate, ma si esporrà sempre al rischio di vedersi eccepita la nullità della notifica, mediante il richiamo al differente orientamento rigoroso contrario più risalente.
Giorgio Nespoli