È passata sostanzialmente sotto traccia la notizia data dal Corriere del Veneto lo scorso 18 ottobre, della sottoscrizione d’un protocollo d’intesa tra Presidente della Corte d’appello di Venezia e Ca’ Foscari, Università di Venezia, per avviare un servizio informativo della giurisprudenza dei Magistrati della Corte d’appello, onde coordinare le “tante sentenze contraddittorie”: un “sito” a disposizione dei cittadini -per ora solo nella materia civile/commerciale ma con possibilità/auspicio d’estenderlo all’intera funzione giustizia-, “per prevedere gli esiti di una causa; cosi diminuiranno i contenziosi”, sottotitolava il Giornale. Un self-service a diretta disposizione del cittadino per orientarsi sul “se fare o meno causa” su una questione che gli paia in sofferenza, prima di andare dall’Avviato. Ovviamente queste considerazioni “valgono” soltanto se la notizia segnalata risponde al vero e quindi sub conditione del si vera sunt exposita.
Certo che, s’è vera nei limiti esposti dal Giornale, è sconcertante!
Poiché per far causa normalmente ci vuole un Avvocato, al quale evidentemente spetta la decisione operativa se farla o meno, la prima considerazione che si trae dalla versione giornalistica è che il fine perseguito dall’iniziativa del Presidente della Corte d’appello sia di proteggere il cittadino, che accampi qualche pretesa insoddisfatta, dal rischio dell’Avvocato: già il chiedergli parere se fare o meno la causa, costa; se poi quello -magari in crisi di lavoro- gli consiglia di farla, la causa, è ben che il cittadino, per suo conto (ricorrendo al ”sito” della Corte), si faccia un’idea sul probabile suo esito, almeno nei primi due gradi (Tribunale e Corte); ovvio che dell’ultimo grado, del ricorso alla Corte di cassazione a Roma, il rischio resta tutto suo e, coi tempi che corrono, quello sì assolutamente imprevedibile.
Sostanzialmente viene creato una specie di pre-primo grado di giustizia, affidato al self-service dell’interessato. Che la Giustizia civile (e non la sola purtroppo) sia in crisi non v’ha certo dubbio: cause che durano decenni, tra ricorsi e controricorsi, che hanno sorte mutevole; una specie di palingenesi eterna, dove il “giusto” finisce per essere il consolidarsi della situazione processuale che la stanchezza dell’avversario -nella terminologia processuale definito “controparte”- rende definitiva. La tabe, il male nemmeno tanto oscuro che travaglia la nostra “Giustizia” è bene espresso dalla motivazione dell’intervento della Corte d’appello: “troppe sentenze contraddittorie”! Con i Giudici che ci si ritrova, qualsiasi tesi può essere la soluzione buona, purché sorretta da un “precedente giurisprudenziale”, da una “massima” ben assestata: l’attività difensiva è legata più al dito della ricerca al computer del precedente più acconcio al “caso” a decisione, che alla genialità, al ragionamento ponderato del difensore. È la “massima” adatta, il “precedente giurisprudenziale” bene assortito, che fa la sentenza. E la contraddittorietà delle sentenze, per la stragrande maggioranza dei casi, dipende dalla maggior o minor fortuna d’imbattersi nel “precedente giusto”: è la piaga della ”massimite” che imperversa.
A parte che, sul piano tecnico, questo self service pre-avvocatesco sembra proprio una stravaganza, perché nessuno assicura il cittadino in chiave di autodifesa che poi la Corte di cassazione segua pedissequamente la giurisprudenza veneta, resta che l’iniziativa in sé -nei termini esposti nella fonte di riferimento- è inaccettabile perché offensiva dell’onor di Toga dell’Avvocato: non siamo avventurieri d’aula, dalla cui famelica brama di parcella la Magistratura debba difendere lo sventurato cittadino che chiede giustizia!
Come non ricordare le discussioni del marzo-aprile 1947 in seno all’Assemblea Costituente, quando, tra le varie tesi sull’assetto da dare alla funzione Giustizia, prevalse quella che l’affida alla concertazione di due Ordini, della Magistratura e dell’Avvocatura. Come sia possibile che la Magistratura assuma l’iniziativa di creare uno strumento difensivo del Cittadino dalla circonvenzione captatoria dell’Avvocato non è proprio dato di comprendere!
Funzione biorganica la Giustizia, affidata alla concertazione di due Ordini: s’attende di vedere la reazione dell’Ordine Distrettuale degli Avvocati a questa, che un vecchio arnese del Foro ritiene semplicemente offensiva dell’onor di Toga. Ohimè se mala tempora currunt!
Ivone Cacciavillani
*Per saperne di più circa il tema trattato in questo contributo si segnala del medesimo Autore il recentissimo volume “La massimite – il suicidio della Giustizia”, Editoriale scientifica, 92 pagine.