A seconda dei calendari d’udienza, si sono già celebrate o si celebreranno a breve le prime udienze da remoto, previste dall’art. 4 del D.L. n. 28/2020 e da successive regole tecnico-operative, specifiche tecniche, linee guida, protocolli d’intesa, istruzioni varie.
Dal 30 maggio sino al 31 luglio di quest’anno andranno, quindi, in scena i videoprocessi, ossia le discussioni (cautelari e di merito) a distanza, per il tramite di videoconferenze, cui partecipano i giudici (l’intero collegio), gli avvocati delle parti in lite e, in cabina di regia, i direttori di sezione.
Si tratta di un “muletto”, mutuando il gergo automobilistico, ossia – secondo la definizione data dall’Enciclopedia Treccani – di una “vettura di riserva, usata in genere per prove e collaudi, che può essere ammessa a correre in gara qualora il pilota non disponga più, per avvenuti incidenti o avarie, della vettura ufficiale”.
L’incidente è a tutti noto e costringe a collaudare una nuova vettura, ossia un nuovo processo, celebrato con strumenti parimenti nuovi, con i quali dobbiamo familiarizzare in tempi rapidissimi.
Quindi, dalla vettura ufficiale (il processo in presenza) al muletto (il processo da remoto).
Tutti gli attori del processo sono come piloti, che non possono utilizzare la propria vettura, ma debbono saltare in corsa su un veicolo nuovo, che non hanno mai provato.
Diversamente non si può fare, anzi, ben venga il muletto: senza non si potrebbe correre.
In questa fase l’alternativa è saltare sul muletto o non esserci, affidando la causa alle sole carte, anzi, nemmeno a quelle, posto che il processo non è più cartolare sin dall’avvento del processo amministrativo telematico.
Nell’alternativa tra una mera consegna delle difese scritte e l’utilizzo di un muletto, per poter dialogare, preferisco la seconda opzione. Del resto, ricordando Aristotele, ciò che contraddistingue, differenzia e nobilita l’uomo è proprio la parola, il logos. Anche se la parola viene spesa attraverso la tecnologia, termine di per sé nobilissimo, che – guarda caso – unisce techne e logos.
A preferire la parola è anche il legislatore, che ha approntato il muletto, garantendo l’oralità, certo in una forma diversa; ma quel che conta è la sostanza: è consentito discutere e l’oralità è parte dell’effettività della tutela giurisdizionale.
Nella primissima fase emergenziale le cause sono state decise senza contraddittorio orale, in questa seconda fase si garantisce – opportunamente – la discussione orale, con encomiabili sforzi da parte di tutti.
Tutto bene, quindi?
Non tutto. Se è condivisibile l’utilizzo della clessidra (d’altronde essa viene comunemente usata a Lussemburgo nei processi in presenza), non comprendo per quale ragione all’istanza di discussione da remoto possa seguire l’opposizione di controparte e, comunque, la valutazione del presidente del collegio.
Delle due l’una: o si consente la discussione orale, o si conferma la spedizione in decisione senza alcun contraddittorio orale. Ma consentire ad una parte di opporsi alla discussione e, in ogni caso, al giudice di non accondiscendere alla richiesta di dialogo, appare scelta difficilmente comprensibile; ancor di più se nessuna opposizione alla discussione ha mai avuto cittadinanza nel processo in presenza, ove, se l’avvocato chiede di discutere, nessuno glielo può impedire. Discutere è, infatti, un diritto del difensore, come dimostrano dagli articoli 55, comma 7 e 73, comma 2, c.p.a., laddove – nel primo caso – la trattazione si svolge (quindi deve svolgersi) oralmente, seppure in modo sintetico, mentre nel secondo caso all’udienza le parti possono discutere sinteticamente.
Per quale motivo la controparte dovrebbe opporsi alla discussione orale, se il processo da remoto tiene luogo, normativamente, al processo in presenza? Per quale ragione il contraddittorio orale potrebbe essere tacitato solo quando esso è reso possibile dalla tecnologia? Ed ancora, perché costringere le parti a dibattere sulla richiesta di contraddittorio orale, tema che allontana dal processo? Perché onerare il giudice di una decisione in merito all’opposizione, decisione che non riguarda affatto il merito della causa o l’incidente cautelare? Probabilmente si spende meno tempo ad aprire il collegamento, consentendo il dialogo. Ma al di là dell’ultima considerazione, di carattere pratico ma metagiuridica, forse l’opposizione all’istanza di discussione da remoto potrebbe essere interpretata come una mera istanza di rinvio, rispetto alla quale il presidente del collegio può decidere se far discutere da remoto o, previo rinvio (a data successiva al 31 luglio 2020), in presenza. È escluso, però, che il presidente possa trattenere la causa in decisione senza discussione orale, posto che la scelta non appare essere tra decisione a seguito di discussione da remoto o decisione senza discussione orale, ma tra discussione da remoto e discussione in presenza con rinvio a data successiva al 31 luglio[1].
È vero, stiamo correndo su un muletto, che forse non è perfettamente bilanciato come la vettura ufficiale; ma ai box della conversione in legge si potrebbe correggere l’assetto.
Concludo con una domanda: se ci dovessimo accorgere che il muletto funziona meglio della vettura ufficiale?
Alessandro Veronese
[1] In tal senso, G. Grosso, Sull’opposizione alla discussione e allegazione documentale alternativa nel regime della oralità mediata eventuale, in www.giustizia-amministrativa.it, 9 giugno 2020.