Chi mi ha chiesto di intervenire nella introduzione di questo Convegno per parlare dell’attualità del pensiero di Feliciano Benvenuti non so se si sia reso conto che da un lato mi faceva certamente un piacere nel coinvolgermi nel ricordo del mio Maestro (anche se tutti sanno che era allergico a chi si rivolgeva a lui con questo appellativo) e dall’altro mi poneva in grande difficoltà.
Non solo perché parlare di una personalità così complessa come è stata quella di Feliciano Benvenuti nei pochi minuti riservati in questa occasione è comunque un’impresa difficile, ma soprattutto perché la mia vicinanza nello studio, nella ricerca e nella vita quotidiana forse non è di ausilio.
Franco Zambelli che con me ebbe la fortuna e l’onore di frequentarlo a lungo ha già esposto in maniera magistrale alcuni aspetti della personalità del Professore.
Io dovrei nel mio breve intervento soffermarmi sull’attualità del pensiero scientifico e cioè sulla persistente modernità delle sue intuizioni giuridiche.
Intendiamoci bene, le c.d. intuizioni furono sempre il frutto di una lunga e approfondita ricerca e non scaturirono mai da momenti di fantasia, che certamente è utile ausilio quando si vuole andare al di là della arida formulazione delle norme, ma che non ha una prospettiva di lunga durata se non è il frutto di un’elaborazione scientifica accurata, fondata su una cultura estesa, non solo giuridica, quale era quella di Feliciano Benvenuti.
Che il Professore guardasse al futuro e che ancor oggi lo si consideri non un giurista del passato, ma un nostro contemporaneo è largamente condiviso. Basti fra tutti ricordare la relazione del Presidente Paino in occasione del Convegno del 2016 per i cento anni dalla nascita del Professore, intitolato “Benvenuti ed il futuro”, laddove egli lo definisce appunto “nello stesso tempo uno dei nostri Maestri, ma anche un nostro contemporaneo”.
Anche questo è un ulteriore elemento di difficoltà nel parlare di lui, proprio perché non è facile parlare di un “contemporaneo”.
Non solo, ma tutta l’opera di Feliciano Benvenuti è protesa al futuro, come d’altra parte è espressamente detto da lui stesso, quando, a conclusione del “Disegno dell’Amministrazione italiana” del 1996 intitola l’ultimo capitolo “Introduzione al futuro”, perché questa era la sua caratteristica: vedere lontano; saper capire in anticipo l’evoluzione degli istituti giuridici.
Lui stesso amava dire che vi sono persone che vedono più lontano di altre, come accade a chi guarda il paesaggio da sopra una collina.
Ecco, questo era lui: vedeva lontano e non era un visionario, ma semplicemente vedeva più lontano di altri, ma la sua visione era ancorata ad una ricerca che trovava solide radici fin dai sui primi studi.
E, per cominciare, cosa c’è di più contemporaneo se non quel riconoscimento della paritarietà del cittadino nei confronti della PA, che ha pervaso la cultura amministrativistica degli ultimi decenni. I concetti del diritto amministrativo paritario sono stati da lui messi in evidenza nel saggio negli studi in memoria di Enrico Guicciardi del 1975, ma in realtà già da tempo, fin dal suo primo fondamentale lavoro sull’ “Istruzione” e poi all’epoca del grande convegno di Firenze del 1965, celebrativo delle leggi di unificazione amministrativa dell’Italia, e poi ancora nei lavori nell’ambito dell’ISAP sui temi del procedimento, della procedura e della partecipazione.
Il riconoscimento della paritarietà ha messo in evidenza quel passaggio, oggi ormai del tutto acquisito e direi scontato, della figura del cittadino non più suddito e dell’Amministrazione non più onnipotente rappresentante di uno Stato Autoritario, ma soggetto all’interno di un nuovo ordine costituzionale.
Ma anche l’affermazione del concetto di funzione all’interno del procedimento ha fatto emergere la responsabilità dell’Amministrazione nei confronti del cittadino, riconoscendogli una posizione giuridica sostanziale, e non più soltanto formale, quale destinatario di interessi, la cui giustiziabilità rimaneva circoscritta all’ambito della sola legittimità amministrativa.
Come ben sappiamo, la paritarietà ha portato all’affermazione della risarcibilità degli interessi legittimi, con la nota sentenza della Cassazione del 1999.
Ma da allora il cammino non si è interrotto nel lungo ed articolato dibattito sulla risarcibilità delle posizioni giuridiche da atti illegittimi.
Non è questa la sede per approfondire le complesse problematiche della risarcibilità per atti illegittimi annullati o meno in sede giurisdizionale e la c.d. “responsabilità da contatto”.
Nell’ambito di questa problematica, che dimostra tutta l’attualità del pensiero di Benvenuti, ci viene in soccorso una recentissima sentenza delle Sezioni Unite Civili n. 8236 del 28 aprile 2020, che, risolvendo un problema di giurisdizione fra giudice amministrativo e giudice ordinario, attribuisce a quest’ultimo la valutazione del danno derivante da un mero comportamento dell’Amministrazione, tutelando l’affidamento del cittadino, a prescindere dall’esito del procedimento e dal contenuto del provvedimento con cui esso si è concluso.
In altri termini, la Cassazione ritiene sia sindacabile e sanzionabile il cattivo esercizio della funzione, ancorchè il procedimento si sia concluso con un atto che non ha formato oggetto di impugnazione.
Non è possibile in questa sede richiamare compiutamente la sentenza in questione ed illustrarne i suoi presupposti.
E’ interessante tuttavia evidenziare come la Suprema Corte, riprendendo le disposizioni della Legge n. 241/90 sul procedimento amministrativo, affermi come esse “rappresentano un indice del progressivo orientamento del nostro ordinamento verso un’idea di diritto amministrativo paritario, per usare una celebre formula dottrinaria di quasi mezzo secolo fa, coerente con i principi di buon andamento ed imparzialità dell’Amministrazione fissata dall’art. 97 cost.. Un’idea del diritto amministrativo che postula un modello di PA permeato dai principi di correttezza e buona amministrazione consapevole dell’impatto che l’azione amministrativa produce sempre sulla sfera dei cittadini e delle imprese (cfr. Cons. Stato n. 1457/2018, p.9.2) ed orientato al confronto leale e rispettoso della libertà di determinazione negoziale dei privati.”
“Progressivo orientamento”: quindi un percorso non ancora compiuto, ma coerente con quell’inquadramento costituzionale del diritto amministrativo che ha stimolato tutto il pensiero di Benvenuti.
Chi ha commentato questa sentenza, pur con rilievi critici, ha messo in evidenza la forte innovatività della stessa, per il rilievo attribuito al comportamento procedimentale dell’Amministrazione e la svalutazione del contenuto del provvedimento finale, ai fini della emersione della responsabilità dell’Amministrazione nel proprio operare.
E’ un nuovo e non ancora esplorato percorso nella linea della tutela del cittadino e della sua libertà, sul quale certamente ci sarà da discutere, ma che è certamente ancora una volta un’eredità del pensiero di Benvenuti.
E’ uno sviluppo non del tutto atteso e che certamente può far mettere in discussione per alcuni aspetti la teoria del procedimento amministrativo e la stessa sua funzione, ma che mette ancora una volta in evidenza quanto da lui seminato sia in grado di far germogliare piante sempre nuove ed in parte inattese in una disciplina in costante evoluzione.
Cos’altro dire.
Se apriamo la sua “introduzione al futuro”, capitolo conclusivo del “Disegno dell’Amministrazione italiana”, ci imbattiamo ad esempio nella problematica della persistenza del potere, intesa come “arroganza” in particolare di quei poteri sanzionatori senza limiti di tempo che Benvenuti attribuisce a “quelle posizioni dispotiche dell’Amministrazione che derivando ancora dai principi dall’Ancien Régime, continuano ad essere presenti nel nostro ordinamento …”. Basta pensare ai poteri sanzionatori in materia edilizia su situazioni consolidatesi da parecchi anni se non decenni, oppure al potere di prelazione sui beni culturali, esercitabile in ogni tempo in mancanza di denuncia del trasferimento.
Temi ancor oggi molto dibattuti, sui quali già allora Benvenuti auspicava che la legislazione futura si sarebbe pronunciata. Forse oggi sono maturi i tempi per affrontare tali problematiche in una logica di tutela del cittadino e di paritarietà con l’Amministrazione, analogamente a quanto avviene nei rapporti fra privati.
Laddove le situazioni giuridiche si consolidano con il passare del tempo (vedi usucapione, prescrizione, ecc.), sanzionando l’inerzia del titolare di una posizione di vantaggio o di supremazia, analoga a quella detenuta dall’Amministrazione titolare di un potere.
Ma Benvenuti non è soltanto il giurista del rapporto amministrazione-cittadino, egli è anche l’interprete di un nuovo modello dello Stato: di quel modello delle autonomie regionali, che la Costituzione disegna in coerenza, comunque, con l’idea di un diverso rapporto fra gli organi che esercitano “funzioni” pubbliche ed i cittadini.
Un rapporto alleggerito dalla burocrazia dello Stato centrale: le Regioni come soggetti di produzione legislativa e di programmazione, interpreti delle esigenze del cittadino e snelle nel loro perseguire gli interessi delle collettività ad esse affidate.
Tutti sappiamo come sia andata diversamente: ci siamo ritrovati con tanti aspiranti staterelli, che agiscono secondo metodi legati a schemi operativi tradizionali, tradendo il modello costituzionale, come lucidamente evidenziato da Benvenuti.
Ma ciò che è peggio è il fatto che ancor oggi nel cercare di costruire la c.d. “autonomia differenziata” ex art. 116 cost., si persiste in tale errore, insistendo nel chiedere nuove competenze e materie, senza proporsi di incidere sui modelli organizzativi.
L’insegnamento di Benvenuti in questo campo andrebbe ripreso con forza e lucidità, proprio oggi che si parla tanto di sburocratizzare l’amministrazione.
Per concludere, il riconoscimento del Cittadino e delle sue libertà in una visione di libertà attiva, e quindi partecipata, in attuazione dei principi costituzionali, è la chiave di lettura e la costante modernità del pensiero di Benvenuti: il processo amministrativo come rapporto inter pares; la partecipazione del cittadino al procedimento come espressione di esercizio attivo della funzione amministrativa non più riservata ai soli soggetti pubblici; il riconoscimento di una vera e propria posizione sostanziale del Cittadino nei confronti dell’Amministrazione, con il conseguente diritto al risarcimento nel caso il potere sia stato male esercitato, sono tutti aspetti di un unico e fondamentale principio che ha guidato il pensiero e la ricerca di Feliciano Benvenuti e cioè il riconoscimento della libertà, come stella polare a cui affidarsi nell’elaborazione degli istituti giuridici.
Quella libertà attiva dal cui riconoscimento discende il corretto inquadramento del rapporto fra Cittadino e Amministrazione.
Una libertà di pensiero che ha caratterizzato la sua vita ed il suo impegno civile e i valori etici ad esso connessi, che ha trasmesso a tutti noi.
Giorgio Orsoni
* Intervento svolto nel corso del XXX Convegno annuale dell’Associazione Veneta degli Avvocati Amministrativisti in ricordo del prof. Feliciano Benvenuti organizzato in collaborazione con l’Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti – 3 luglio 2020.