Torna all’attenzione del Consiglio di Stato il tema dell’affidamento diretto alle associazioni di volontariato dei servizi sociosanitari ed in particolare del trasporto di urgenza ed emergenza in ambulanza, da vari anni al centro di un vivace dibattito e ulteriormente acceso dall’entrata in vigore del Codice del Terzo Settore (D.Lgs. n. 117/2017); materia che ha recentemente interessato la sezione giurisdizionale e consultiva del Supremo Collegio (sentenza n. 1139/2018 e parere 26.7.2018) e coinvolgerà a breve anche A.N.A.C. ai fini della prossima emissione di nuove Linee Guida sostitutive della delibera n. 32/2016.
Quello affrontato dalla decisione in commento costituisce il tema più tipico, attinente al rapporto tra la normativa proconcorrenziale della Direttiva Appalti e del Codice dei Contratti (applicabile anche ai servizi sociali e sociosanitari) e la disciplina specifica di settore, sia nazionale (art. 56 e 57 del D.Lgs. n. 117/2017 appunto) sia regionale (L.R. Veneto n. 26 del 27.7.2012 sulla “Disciplina del sistema regionale di trasporto sanitario di soccorso ed emergenza”).
Come è noto, la valorizzazione dei principi di sussidiarietà e solidarietà espressi dal volontariato (anche come azione concretamente presente e radicata nel territorio) e insieme il contenimento della spesa pubblica che l’opera gratuita dei volontari determina, hanno portato negli anni le Regioni ad elaborare normative e prassi di convenzionamento diretto del servizio in deroga all’evidenza pubblica, subordinate però – correttamente – a precise condizioni di qualità dell’associazione affidataria (applicazione di costi standard, requisiti di accreditamento, indici qualitativi del servizio, rispetto dei limiti all’impiego di personale dipendente, ecc.) e all’assenza di un reale corrispettivo per il servizio reso (previsione nelle convenzioni del solo rimborso a piè di lista delle spese effettivamente sostenute).
In tempi non “sospetti”, anche la Regione Veneto, con L.R. n. 26/2012, ha disposto che il trasporto sanitario di soccorso ed emergenza possa essere esercitato solo da enti sanitari e da associazioni in possesso della relativa autorizzazione all’esercizio e accreditamento ex L.R. n. 22/2002 e iscritti ad apposito elenco, e che l’affidamento “a titolo oneroso a soggetti individuati attraverso procedure concorsuali ad evidenza pubblica” sia invece ammesso solo “qualora l’attività di trasporto sanitario di soccorso ed emergenza non possa essere assicurata dai soggetti iscritti all’elenco regionale”.
Senonché, con il bando impugnato avanti al nostro T.A.R. Veneto, l’A.U.L.S.S. n. 4 Veneto Orientale aveva indetto una gara ad evidenza pubblica, aperta anche alle Cooperative e agli Enti profit, nonostante la comprovata esistenza di associazione di volontariato (Volontari del Soccorso di Cavallino Treporti ONLUS) in grado di assumere il servizio, e che oltretutto lo stava già svolgendo in virtù di “affidamento provvisorio” deciso dalla stessa Azienda.
Gli argomenti dell’Amministrazione appellante (avverso la sentenza T.A.R. Veneto n. 351/2018 di accoglimento del ricorso di primo grado dell’associazione) si sono incentrate su di un preteso contrasto tra la legge regionale veneta e la normativa comunitaria e nazionale sopravvenuta.
In particolare, si è sostenuto che la legge nostrana sia contrastante in primo luogo con l’art. 57 del Codice del Terzo Settore, secondo cui l’affidamento diretto in convenzione costituirebbe una mera facoltà e non un obbligo in capo all’ente sanitario pubblico (“i servizi di trasporto sanitario d’urgenza e di emergenza possono essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione …”), il quale potrebbe quindi sempre e comunque decidere per l’indizione della gara. In secondo luogo, che l’automatismo regionale scatterebbe in presenza di condizioni (autorizzazione e accreditamento; iscrizione all’elenco regionale) diverse e ormai incompatibili rispetto a quelle indicate nel predetto art. 57 e precedentemente individuate dall’art. 49 e 56 TFUE e in via giurisprudenziale dalla Corte di Giustizia nella nota sentenza C-113/2013 “A.S.L. Spezzatino” (tra cui l’iscrizione da almeno sei mesi nel Registro Unico del Terzo Settore, l’accreditamento regionale, la garanzia che l’affidamento diretto persegua finalità sociali e solidaristiche, l’efficienza economica e adeguatezza e soddisfi i principi di trasparenza e non discriminazione). In terzo luogo, che l’Associazione ricorrente non aveva richiesto di fornire il servizio “per tutta l’area interessata dalla gara” ma solo per una sua parte.
Il Consiglio di Stato, con tesi condivisibile, ha precisato che (par. 7 sentenza), avendo la normativa comunitaria (art. 49 e 56 TFUE; 28° considerando e art. 10 comma 1 lett. h della Direttiva 2014/24/UE) e la stessa giurisprudenza europea (sentenza C-113/2013 e C-465/2017) posto indiscutibilmente la regola della non obbligatorietà dell’evidenza pubblica in materia di affidamento del trasporto sanitario di emergenza/urgenza, sia del tutto legittima anche una legge regionale che, sacrificando in toto i principi di concorrenza (ritenuti appunto recessivi dall’UE), e in applicazione delle prerogative legislative regionali in materia di tutela della salute e assistenza sanitaria ex art. 117 comma 3 Cost. e art. 2 comma 1 D.Lgs. n. 502/1992, precluda alle Amministrazioni aggiudicatrici la stessa opzione tra le due tipologie di affidamento, obbligandole ad escludere la gara pubblica in presenza di associazioni a cui affidare direttamente il servizio; e ciò anche se, nel mutato quadro legislativo, il Codice del Terzo Settore prevede il convenzionamento diretto quale mera facoltà.
Posta l’illegittimità del bando (in quanto emesso senza previa verifica dell’esistenza di associazione iscritta all’elenco regionale e anzi nella comprovata sua esistenza), il Collegio non sembra però affrontare gli altri interessanti e importanti aspetti della questione, attinenti alla concreta idoneità della legge regionale veneta ad assicurare il rispetto di quei principi che la CGCE ha ritenuto essenziali per la deroga all’evidenza pubblica; operazione che era peraltro stata svolta dalla Terza Sezione, proprio su invito della CGCE, quale giudice ad quem della causa “A.S.L. Spezzatino”, nella sentenza n. 3208/2015, con cui il Supremo Collegio aveva non solo escluso l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo nell’appalto de quo, ma anche confermato come nella specie la legge regionale ligure e l’Accordo quadro stipulato con gli Enti del Terzo Settore garantivano il perseguimento dei principi di solidarietà ed economicità indicati dalla Corte (prevedendo modalità di rendicontazione periodica e di rimborso limitati ai soli costi effettivi e basandosi sulla “capillare diffusione sul territorio delle associazioni di volontariato e delle strutture della CRI, consente di gestire il servizio di trasporto sanitario utilizzando in modo razionale il complesso delle risorse di uomini e di mezzi disponibili, limitando al massimo le distanze da percorrere ed i tempi degli interventi, riducendo anche in questo modo i costi”). Elementi comunque senza dubbio propri anche della L.R. Veneto n. 26/2012 e soprattutto della D.G.R. applicativa n. 179 del 27.2.2014.
Quanto all’ultimo argomento sollevato dall’Azienda, secondo cui la gara sarebbe giustificata in quanto avente ad oggetto un servizio da rendersi in tutte le località balneari del territorio dell’Azienda e non solo nella località (Cavallino Treporti) dove operava l’Associazione, esso concerne i delicati aspetti dell’aggregazione e centralizzazione degli enti di committenza e dell’individuazione concreta dell’ambito territoriale dell’appalto. Sul punto giova precisare da una parte che lo stesso Codice dei Contratti, agli artt. 142 comma 5 bis e 5 quinquies (dedicati appunto ai servizi sanitari e sociali), assegna il ruolo di committenti anche solo ai distretti sociosanitari e non alle Aziende nel loro complesso; dall’altra che, all’evidenza, la decisione di una Azienda sanitaria di svolgere una gara per il trasporto sanitario estesa a tutto il territorio di riferimento non può costituire il mezzo per sottrarsi all’obbligo del convenzionamento diretto con l’associazione di volontariato le cui proporzioni e forze ne consentono l’operatività solamente in una ristretta parte di quello stesso territorio (invero, la stessa D.G.R. Veneto n. 179/2014, al par. 6.1 dell’Allegato B, dispone che “nell’assegnazione del servizio l’Azienda Sanitaria tiene conto, rispetto al contesto generale ed al servizio richiesto, della consistenza, dell’organizzazione e del radicamento territoriale delle Associazioni”).
Tutto qui dunque?
Beh, altri fronti sono attualmente aperti, anche in relazione al trasporto sanitario.
Per esempio, restano da esplorare l’obbligatorietà e le modalità delle “procedure comparative” per la scelta delle organizzazioni di volontariato con cui stipulare la convenzione, previste espressamente dal Codice del Terzo Settore (cfr. art. 56 comma 3 richiamato dall’art. 57 comma 2) in applicazione dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento. Invero, da una parte la previsione legislativa di una gara riservata rappresenta una novità rispetto alla precedente posizione della CGCE secondo cui la presenza di un mero rimborso dei costi esclude la necessità di “previa comparazione delle proposte di varie associazioni” (cfr. sentenza “Casta” C-50/14 del 28.1.2016); dall’altra è lecito porsi la domanda di quanto lontano possa o debba andare l’ente sanitario nella ricerca dell’associazione affidataria (per evitare la gara ai sensi della L.R. n. 26/2012) o delle due o più associazioni potenziali concorrenti (per evitare la selezione riservata dell’art. 56 comma 3 cit.), posto che nel vasto ambito della stessa U.L.S.S. possono sussistere certamente varie realtà associative, ma singolarmente incapaci di assicurare il servizio volontario lontane dall’ambito della propria sede, anche se appunto in area ricadente nello stesso territorio dell’Azienda.
Oppure, il tema dei criteri con cui si valuta, all’interno delle associazioni, la necessaria prevalenza dell’attività di volontariato su quella lavorativa: se, come preferibile, in base alle “teste” ai sensi dell’art. 33 comma 1 del Codice del Terzo Settore (“il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari”) o in base al monte ore di servizio della D.G.R. Veneto, e se tale valutazione vada svolta in relazione all’associazione nel suo complesso o in relazione al solo singolo servizio concretamente affidato.
Pende poi avanti alla CGCE il rinvio disposto dallo stesso T.A.R. Veneto con ordinanza n. 643/2018 diretto a chiarire la compatibilità comunitaria (rispetto al 28° considerando e all’art. 10 Direttiva 2014/24/UE) dell’affidamento diretto al volontariato, proprio in base alla L.R. Veneto n. 26/2012, dei servizi di trasporto secondario d’urgenza, vale a dire di quei servizi d’urgenza comunque rientranti nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) effettuati con mezzo di soccorso, attinenti ad esempio al trasporto d’organi o di sangue o di farmaci salvavita, o anche di pazienti stabilizzati e “ospedalizzati” ma comunque in condizioni critiche.
Mentre sembra ormai tramontata, in ragione dell’esplicita esclusione normativa (cfr. art. 10 comma 1 lett. h della Direttiva Appalti e corrispondente art. 17 comma 1 lett. h Codice Appalti), la possibilità della deroga alla concorrenza in caso di semplice trasporto cd. “ordinario” dei pazienti in ambulanza (anche se con ambulanza se del caso idonea a far fronte alle emergenze) nonostante la stessa CGCE e lo stesso Supremo Collegio, con decisioni emesse appunto prima della nuova Direttiva (sentenza causa “Casta” C-50/14 del 28.1.2016 e sentenze n. 3615/2016 e n. 4902/2016; contra, non a caso, sentenza n. 1139 del 22.2.2018), avessero propugnato la sostanziale equiparazione tra i due servizi, ove svolti dal volontariato, in quanto entrambi diretti a garantire “condizioni di equilibrio economico” e l’attuazione concreta del “principio di sussidiarietà”, inteso quale partecipazione (gratuita) dei “cittadini associati” allo svolgimento di attività di interesse generale ai sensi dell’art. 118 della Costituzione Italiana. A tacere del fatto che la facoltà (certo, facoltà) del convenzionamento diretto con le organizzazioni di volontariato iscritte al Registro Nazionale di prossima istituzione (RUNTS) è prevista in termini generali, ai sensi dell’art. 56 del Codice del Terzo Settore, se “finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività e servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al mercato”.
Infine, da ultimo, proprio in relazione all’aspetto economico delle convenzioni, certamente farà tirare un sospiro di sollievo alle associazioni di volontariato la circostanza che A.N.A.C., nel recentissimo documento in consultazione on line del 10 maggio 2019 sulle “Linee guida recanti indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali”, abbia ritenuto siano ammissibili a rimborso i “costi variabili, fissi e durevoli nel tempo necessari per fornire le specifiche prestazioni”, quando invece il Consiglio di Stato, nel parere consultivo del 26.7.2018, aveva incredibilmente escluso tutte le spese di investimento, la remunerazione di capitale e lavoro e finanche i costi dell’assicurazione obbligatoria dei volontari per infortuni, malattie e responsabilità civile verso terzi, portando talmente all’estremo il principio di efficienza economica e di sostenibilità del servizio pubblico da rendere le convenzioni nei fatti non sostenibili nemmeno per enti che possono utilizzare forze volontarie al posto della manodopera retribuita.
Davide Cester