Con la pronuncia n. 6242 del 10 settembre 2021 (vedi link sotto), la quarta Sezione del Consiglio di Stato si è utilmente soffermata sul cd. “effetto espansivo” – interno ed esterno – della sentenza d’appello che abbia riformato alcuni capi soltanto della pronuncia di primo grado resa dal T.A.R.
All’origine dell’articolato contenzioso il ricorso, integrato da motivi aggiunti, promosso innanzi al Capo dello Stato e poi trasposto innanzi al T.A.R. Toscana, avverso gli atti (nello specifico, le determinazioni comunali di approvazione del programma aziendale pluriennale di miglioramento agricolo o papmaa) e i provvedimenti (il permesso di costruire e poi l’anomalo provvedimento di “riattivazione” dell’efficacia di detto p.d.c.), che avevano consentito la demolizione di taluni risalenti manufatti e la ricostruzione di un edificio a destinazione residenziale in prossimità di un’area boscata, in realtà inedificabile.
Il TAR Toscana aveva rigettato sia il ricorso originario che quello per motivi aggiunti, dichiarando il primo – relativo alla legittimità del p.d.c. e del papmaa presupposto – improcedibile; e il secondo – inerente alla legittimità del provvedimento di riattivazione del titolo edilizio (sia per vizi propri che per illegittimità derivata) – inammissibile per nullità della notifica (effettuata a mezzo posta presso il domicilio eletto, anziché via p.e.c. ai sensi dell’art. 25 c.p.a. come appena modificato dal d.l. n. 168/2016).
Innanzi al Consiglio di Stato veniva appellato, però, solo il capo di sentenza relativo alla nullità della notifica del ricorso per motivi aggiunti, che venivano riproposti in appello, al fine di ottenere l’annullamento del permesso di costruire e di tutti gli atti ad esso presupposti; non veniva invece impugnato il capo di sentenza sull’improcedibilità del ricorso originario inerente alla legittimità del p.d.c. (poi sostituito dal nuovo provvedimento di riattivazione) e del papmaa presupposto.
Ebbene, con sentenza n. 7579/2020 (vedi link sotto) il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e, in riforma della sentenza del T.A.R. Toscana, ha accolto il ricorso per motivi aggiunti dichiarato inammissibile in primo grado e – per l’effetto – ha annullato il provvedimento di riattivazione dell’efficacia del p.d.c.
Il Consiglio di Stato, e su questo si intende soffermarsi, ha anche espressamente caducato “per quanto di ragione” gli atti presupposti ai titoli edilizi, ovvero le determinazioni comunali di approvazione del papmaa.
Da qui il ricorso per revocazione della sentenza n. 7579/2020, ritenuta viziata perché – secondo i ricorrenti – il giudice d’appello avrebbe travalicato i limiti del thema decidendum che gli era stato devoluto: il Consiglio di Stato, stando ai ricorrenti in revocazione, si sarebbe dovuto occupare solamente della legittimità del titolo edilizio e non del papmaa presupposto, che non rientrava nell’oggetto del gravame.
Ebbene, secondo il Consiglio di Stato, la legittimità del papmaa doveva intendersi “automaticamente” ricompreso nel perimetro del thema decidendum del giudizio di appello, trattandosi dell’atto immediatamente presupposto ai titoli edilizi espressamente impugnati e ancora sub iudice.
E questo perché, in base ai principi sanciti dagli artt. 326 e 329 c.p.c., applicabili anche al processo amministrativo, “l’ordinamento non tollera che questioni tra di loro dipendenti e avvinte sul piano logico-giuridico possano, per effetto di un mero accidente (la mancata impugnazione di un capo, la riforma o la cassazione di un solo capo o di una sola parte della pronuncia), esprimere valori diversi e contrastanti nel sistema”. Altrimenti, secondo il Consiglio di Stato, non si sarebbe avuta una decisione piena sulla situazione giuridica controversa, che è l’obiettivo ultimo del processo amministrativo, e non avrebbe avuto nessun nesso logico, ancor prima che giuridico una sentenza che si fosse occupata solo del rilascio e della riattivazione del titolo edilizio, decretandone l’illegittimità, ma trascurando di statuire sugli atti ad essa presupposti e che ne costituivano il necessario antecedente logico necessario.
Da una pronuncia di prime cure di rigetto in rito per presunto errore di notifica è stata disposta in appello una verificazione tecnica e sono stati annullati in via definitiva i titoli edilizi e i relativi atti presupposti: hanno dunque prevalso i principi espressi da Corte Costituzionale n. 132/2018 per cui “la tutela delle situazioni giuridiche soggettive, ed in particolare dell’interesse legittimo assicurata dagli artt. 24 e 113 Cost., implicherebbe, poi, la necessità di favorire la pronuncia sul merito, che è lo scopo ultimo del processo, e di sfavorire esiti processuali diversi da una decisione piena sulla situazione giuridica controversa”.
Si apre ora per le Amministrazioni la fase dell’ottemperanza a quanto statuito in via giudiziale adottando i conseguenti e dovuti provvedimenti sanzionatori, anche ai sensi dell’art. 38 t.u. edilizia, ovvero nel caso di specie ad ordinare la demolizione di quanto illegittimamente realizzato in violazione della normativa urbanistica e paesaggistica (anche sul punto è noto quanto statuito con chiarezza da Consiglio di Stato nell’adunanza plenaria n. 17/2020).
Sentenza del Consiglio di Stato n. 6242 del 2021
Sentenza del Consiglio di Stato n. 7579 del 2020
Giorgia Baldan