Una breve riflessione sulla funzione dell’Avvocato, non può che partire dal primo approccio confidenziale che Gigi ha impostato con me, da fuori Roma, salutandomi con un “ciao” di primo mattino e così incoraggiandomi ad avere fiducia in me stesso, per superare le difficoltà del diritto.
Rassicurato, mi mettevi a mio agio, allorché salivamo assieme le scale della Corte di Cassazione o del Consiglio di Stato, come volevi che si facesse anteponendo l’amicizia tra amici di sempre o tra colleghi avvocati a tutte le cose umane.
Ma c’era una differenza profonda di esperienza professionale, di cultura giuridica e di cordialità paterna tra noi, ma tant’era, l’Avvocato Gigi pretendeva che mi sentissi sicuro in quei momenti dalla sorte incerta, come fossi a casa mia, onde potessi, con la sua perspicacia, individuare da subito l’aspetto sostanziale di merito ovvero procedurale, da focalizzare nella breve discussione che sarebbe seguita, semmai aiutandomi nella sintetica redazione dei “lumi” d’udienza.
Questa capacità di porre un argomento solo, su cui discutere, anche d’improvviso su indicazione del Collegio giudicante, è proprio dei dotti.
Così nell’esercizio di questa tua alta funzione, di avvocato saggio romano, avezzo alle Supreme Corti, venivano rimosse quell’ansia ed incertezza, misto a timore reverenziale che m’invadevano prima di ogni discussione, rassicurandomi sul lavoro svolto, perché l’avevi letto e ne avevi individuato le luci ed ombre, suggerendomi su quale tra i punti in discussione si sarebbe incentrata l’attenzione del Collegio Supremo e del suo relatore.
Era la sapienza che ti governava, perché avevi puntualmente studiato le “carte”, senza mai dare giudizi di sufficienza e, qualche volta ma rara insufficienza, a prescindere dall’ultimo orientamento giurisprudenziale o decisione di questa ovvero di quella Sezione delle Corti Supreme, compresa la nomina ed il trasferimento di questo o quell’altro componente della Corte Costituzionale, cui adivamo.
Era la prudenza che t’ispirava, in quanto mi ricordavi ironicamente quel brocardo latino: “tot capita, tot sententiae”, traducendomelo, “tutto capita nelle sentenze”, anche a Roma.
Soprattutto, però, eri il mio punto fermo di riferimento negli oscuri meandri e negli uffici operativi della giustizia romana e mi accompagnavi, io giovane nato e cresciuto nella terraferma dell’antica Repubblica di Venezia come un padre che introduceva un giovane collega amico all’esperienza giudiziaria più elevata in Italia ed a Roma.
L’Avvocato non è mai arido nei rapporti con i Colleghi né in definitiva con i propri clienti, com’è, invece per definizione, il prodotto della sua attività professionale, quali sono il principio o precedente di diritto e la regola di giurisprudenza, formatisi proprio per la prospettazione offerta dal legale al Supremo Giudice.
Ma questa figura professionale non può che essere caratterizzante un “gentiluomo multifattoriale”, in cui la sapienza, la prudenza, la preparazione e la conoscenza delle regole sostanziali e procedimentali del diritto, si coniugano tra di loro e si traducono con i colleghi avvocati in un rapporto di collaborazione fattiva che, se costante, non può che essere chiamato amicizia, come Gigi ha saputo e sa interpretare la sua vocazione di avvocato sapiente.
Avv. Primo Michielan
*Il presente intervento riprende l’analogo contributo pubblicato in “La professione del giurista – Scritti in onore di Luigi Manzi” – Editoriale scientifica, Napoli, 2018